Il Semantic Web

Il Semantic Web

Una delle innovazioni più importanti introdotte da internet, è rappresentata dal fatto che testi, documenti e contenuti messi a disposizione in rete, possano richiamarsi l’un l’altro in modo estremamente rapido. Inizialmente il web era costituito unicamente di testi e indici ipertestuali. In seguito, sono stati introdotti sistemi più evoluti, i motori di ricerca, i quali tentano di accedere al contenuto dei testi in modo diretto. Le strutture dei vari siti, inoltre, sono state diversificate su più livelli (database, script cgi, fogli di stile).
Per orientarsi nel web, il navigatore ha 2 mezzi a propria disposizione: la sua precedente esperienza di navigazione e la capacità di evocazione che possono avere parole o espressioni chiave.

L’esperienza è un aspetto sicuramente utile: dalle navigazioni precedenti sappiamo, ad esempio, che determinati contenuti si possono reperire sotto determinati portali, impariamo che l’aspetto di un sito (formale o informale) è indicativo del genere di informazioni/contenuti veicolati, etc. E’ quindi qualcosa di volontario e spontaneo, non vincolato da codici e da collegami automatici predefiniti.

Questi ultimi, infatti, non dipendono in nessun modo dal navigante ma, al contrario, dalla applicazione che gestisce il sito. Se desidera effettuare una ricerca sul web, il navigatore inserirà una determinata parola/espressione all’interno di un motore di ricerca; scegliendo tra le voci di una barra di navigazione, l’utente dovrà nuovamente stabilire quale espressione si adatti meglio a individuare, come titolo generico, un determinato contenuto. Nel primo caso, l’efficacia dell’operazione dipende dagli algoritmi che il motore di ricerca utilizza per estrarre contenuti; nel secondo, l’efficacia dipende da coloro che hanno creato i contenuti, e dal fatto che essi si prestino o meno ad essere indicizzati secondo una gerarchia ad albero. In entrambi i casi, il navigatore si affida ad una parola/espressione unica, correlata in modo molto generico al contenuto effettivamente ricercato. Qualsiasi ricerca è soggetta al rischio della ambiguità.

Il termine “Semantic Web” è stato introdotto, nel 2001, da Tim Berners Lee. Esso indica un web nel quale agiscano agenti intelligenti, ovvero, applicazioni in grado di comprendere il significato dei testi presenti sulla rete e, di conseguenza, in grado di guidare l’utente verso l’informazione ricercata in modo diretto. Per creare collegamenti efficaci, occorre creare collegamenti semantici, ovvero, legati alla capacità di descrivere il significato del collegamento stesso.

In pratica, essi non dovrebbero semplicemente portare da qualche parte ma, soprattutto, descrivere il valore della propria azione. Ad esempio, supponiamo di voler mettere on-line un archivio bibliografico: possiamo organizzare un data base ed inserirvi 3 diverse tabelle relative ad autori, articoli e libri.

In questo modo, il visitatore del nostro sito potrebbe scegliere se cercare, tra gli autori, solo quelli che hanno pubblicato articoli, oppure, quelli che hanno pubblicato esclusivamente libri. Questo sarà possibile poiché avremo stabilito una precisa struttura per organizzarle: inserendo da una parte gli autori e dall’altra le loro opere, a loro volta suddivise in 2 categorie: libri ed articoli.

La struttura organizzativa dipende dallo schema utilizzato nell’archiviazione delle informazioni, ovvero, da un insieme di regole che stabiliscono come i dati devono essere organizzati e relazionati tra loro. Estendendo questo meccanismo anche ai domini di informazione, si dà origine ad un “web semantico”. All’interno di esso, dei “metadati” mapperanno i dati rispetto alle classi o ai concetti dello schema di dominio. Quest’ultimo (spesso definito “ontologia”) esprime le relazioni tra i concetti, che divengono classi di dati.

 
 
 

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