Sesso Fiscale

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Il governo conferma: sì alla pornotax, la nuova imposta sulla vendita e la distribuzione di prodotti hard core.
Scartata l’ipotesi di un rincaro dell’Iva, il provvedimento introduce una tassa del 25% sui redditi derivanti da produzione, distribuzione e vendita di materiale pornografico. La novità è che oggetto di tale tassazione non sono solo i film a luci rosse, ma anche la varia oggettistica generalmente venduta nei sexy shop, come falli, vibratori, bambole gonfiabile ed oggetti in lattice.

Il nuovo dazio sul sesso andrà a sommarsi ad Ire e Ires, le imposte già esistenti sul reddito. Sale al 10% l’Iva sugli abbonamenti Tv relativamente a qualsiasi trasmissione a sfondo pornografico.

Nel settore a luci rosse, tra agli addetti ai lavori sorgono più una perplessità. L’avvento della nuova tassa sul sesso rischia di distruggere il medesimo settore dell’industria italiana, già fortemente colpita, in tal senso, dalla grande concorrenza straniera.

L’industria hard italiana, come rilevano i dati dell’Eurispes, è infatti in lento e costante declino, tutto a vantaggio dei produttori stranieri che commercializzano liberamente i propri film sulla rete.

Anche dal punto di vista giuridico la pornotax presenta più di un punto debole. Tale imposta, infatti, va a colpire un settore che già vive e prolifera ai margini della legge. In Italia, il Codice Penale (Art. 528) sanziona, con la reclusione dai tre mesi ai tre anni, chiunque acquisti, detenga o metta in circolazione immagini che riproducono atti osceni. Pertanto, appare evidente che gli addetti ai lavori del mercato a luci rosse sarebbero anche felici di pagare un’ulteriore imposta, se in cambio ottenessero una legge tale da farli uscire da questa sorta di limbo giuridico.

L’intero settore, infatti, è sempre vissuto sulla valutazione dei giudici riguardo al labile confine del cosiddetto comune senso del pudore. In altre parole, non esistono dei veri e propri estremi che definiscono il reato. Se si pensa che negli anni ‘50 un bacio in pubblico veniva considerato un atto di pornografia, appare chiaro che il limite dell’osceno si è notevolmente alzato, ma non è ancora chiaro specificatamente quanto.

Nelle rete fiscale, il medesimo trattamento riservato ai film pornografici colpisce anche quelli violenti. Tutto sta, nuovamente in una questione di definizione. Violenza fisica o anche violenza psicologica? E ancora: che significato dare al termine “violenza”? Se si intende la semplice la rappresentazione di un omicidio, allora l’imposta andrebbe a cadere anche sui tradizionali film per bambini, come ad esempio “Simba” o “Bambi”. Per non parlare dei documentari sugli animali, che mostrano scene di caccia ed immagini assolutamente cruente quanto reali.

 
 
 

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