Ribelli nelle Banlieu

Ribelli nelle Banlieu

Il sindacato italiano può rappresentare un ruolo sociale determinante nel dare voce agli immigrati, evitando in questo modo che essi vadano ad incendiare le periferie per far sentire la propria voce. Le macchine bruciate ad Aubervilliers, infatti, dovrebbero perlomeno fare riflettere.

Attualmente, in Italia la disoccupazione degli immigrati ha una concentrazione più bassa, ma è comunque socialmente più costosa, sia perché non si hanno a disposizione reti di protezione sociale, sia perché il modello sociale famigliare non copre i nuovi arrivati. Per gli immigrati in Italia, non esiste tuttora un percorso definito di integrazione a pieno titolo nella vita pubblica, tale da concedere loro il diritto alla cittadinanza. Tutto ciò porta di frequente ad un sentimento d’odio tra le etnie. Tuttavia, rispetto alla Francia, l’Italia ha un vantaggio in questo campo: un sindacato che non si è mai dimostrato ostile nei confronti degli immigrati. E’ comunque necessario conciliare le loro esigenze con quelle tradizionali del sindacato, specialmente riguardo a tre punti fondamentali:
- politiche dell’immigrazione;
- protezione di coloro che hanno carriere discontinue;
- liberalizzazione dei servizi.


Sono necessarie delle norme ed una reale pianificazione dei flussi di immigrazione: il sindacato dovrebbe rivendicare un ruolo importante, imponendo che l’incremento degli ingressi sia accompagno da controlli sui posti di lavoro, finalizzati a reprimere l’occupazione irregolare ed a scoraggiare l’immigrazione clandestina. In Francia, il tasso di disoccupazione tra gli immigrati è pari al 25%, tre volte tanto quello dei cittadini francesi. In Italia, invece, il tasso di disoccupazione è pressoché analogo tra italiani ed immigrati. Le ragioni non sono dovute ad una situazione lavorativa migliore, quanto piuttosto ad un fenomeno di immigrazione più recente.

Se le riforme parziali hanno agevolato l’ingresso nel mercato del lavoro, è pur vero che accedere a contratti a tempo indeterminato diventa sempre più difficile. Per chi cambia spesso posto di lavoro non esistono ammortizzatori sociali.

Un sindacato che intenda aiutare gli immigrati, riducendo le pressioni competitive sul lavoro dipendente, dovrebbe anche lottare per maggiori opportunità sul fronte del lavoro autonomo.

La liberalizzazione delle professioni rappresenta infatti un forte incentivo per un’immigrazione più qualificata ed, allo stesso tempo, offre una maggiore mobilità sociale agli immigrati qualificati che già in Italia. Una riduzione delle barriere all’entrata nel commercio al dettaglio, od un aumento delle licenze per i taxi, ad esempio, corrisponderebbe ad un’opportunità di lavoro per gli immigrati con qualifiche più basse.

Secondo le stime dell’Ocse, lo spazio per aumentare la dimensione del mercato dei servizi, in Italia, è pari al 20-30%. La liberalizzazione dei servizi ridurrebbe anche i costi per le imprese che ne usufruiscono, offrendo un ulteriore dividendo occupazionale in termini di lavoro nel settore di esportazione.

 
 
 

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